mercoledì 14 agosto 2013

Liberta'

Dove liberta’,
se non posso correre.
Dove liberta’, se non posso volare.
Dove liberta’,
se non posso parlare,
se non posso ascoltare,
se non posso vedere.
Dove liberta’,
se non posso contraddire,
se devo solo accettare,
se mi sento lontano da questo potere.
Dove liberta’,
se non posso sognare,
se non posso urlare,
se non posso suonare.
Dove liberta’,
se non posso decidere,
se non posso staccare i tubi,
se non posso morire senza soffrire.
Dove liberta’,
senza lavoro, senza futuro,
senza il coraggio di morire per la liberta’.

M.Ricci





giovedì 1 agosto 2013

Un Fuoco D’Africa

Nel popolo Xosa, una delle tante tribu’ che vivono in Sud Africa, una vecchia di nome Shala, aveva una figlia e quando dai monti blu si spostavano nel bush per trovare pochi fili di erba verde  per il bestiame erano giorni di marce e speranza, di fredde notti di occhi affamati e di orme alla ricerca di prede. Rami spezzati, alberi mossi da freschi aliti di vento, sussurri ed echi di passate paure erano  musica di queste terre lontane.
La figlia di  Shala, per molti giorni svaniva, evanescente, mistica, padrona di antiche credenze, scrigno e libro parlato di un popolo antico, e molti erano a tremare per lei, a pensarla sola e indifesa nella notte crudele, tremante e smarrita senza un fuoco come amico e qualcuno conoscitore di vita, tranne Shala, il nome della figlia era Kena, gambe di antilope,pelle colore dell’ ebano,lucida di oli e di memoria antica, di raggi di stirpe senza paure e la notte ruggivano i leoni, le iene tristemente ridevano, e altre forme e scuri fantasmi si muovevano furtive .
Nelle misere baracche,difese solo da rovi e rami di acacie dalle lunghe spine,fuori solo piccoli fuochi per rischiarare la notte, e dare un po’di coraggio un pò di calore e allontanare forme maligne dalla mente e dal cuore. Per molti mesi Kena non fece ritorno al villaggio, i vecchi la davano morta, e le vecchie dai volti rugosi cosparsi di cenere bianca con i loro crespi e bianchi capelli,cantavano e invocavano le ombre della notte, chiedendo loro perdono e protezione, i giovani valorosi guerrieri, a notte si chiudevano nelle capanne per paura dei mangiatori di uomini,o intorno ai fuochi stretti a sussurrare parole,  solo Shala sorrideva e cantava,cantava in una lingua diversa,intrisa di note piumate e di misteri ancestrali ed anche le stelle ascoltavano vibranti formando collane di luci stellari e la luna si faceva gioco del freddo argento tingendosi un po’ d’oro.
E un canto lontano di pura bellezza, di gioia e dolore, di amore e speranza, squarciava il tempo e colorava il sangue di un rosso diverso. Un giorno un leone arrivò vicino al villaggio,aveva tra le labbra un cucciolo umano, fece tre volte il giro dei rovi, poi depose il neonato tra l’erba ruggi’ tre volte mentre Shala usciva dal villaggio e si avvicinava cantando una strana canzone,il leone la guardo’, occhi gialli più giallo dei gialli, venati di buono e di comprensione, contro occhi d’amore, criniera da re al cospetto di maga portatrice di vita e lei la vecchia madre lo accarezzo’, il leone l’annusò e i suoi occhi divennero azzurro di mare e di cieli immensi e profondi,  poi frustando l’aria con la coda scomparve nella nebbia tra il bush.
Il piccolo aveva gli occhi di Kena, la pelle di Kena, il sorriso di Kena, da quel giorno ogni notte il leone ruggiva tre volte, e poco dopo, un canto lontano si alzava melodioso, una canto di acqua, di vita,di luce,di libertà, d’incanto, di coraggio e tristezza, di amore e rispetto, il canto antico di un popolo,  il sospiro di una terra incantata e violenta , sfregiata per il Dio ricchezza, affamata e sporcata da bianche mani portatrici di morte, il canto di Kena.

M. Ricci





"Donne" di Mauro Ricci

QUANDO SARO’ GIOVANE

Quando sarò giovane ti parlerò dei miei mille anni,
e ti cullerò la notte come un cucciolo di lupo,
quando sarò giovane e vedrai le mie mille rughe
ti racconterò l’esilio dello spirito
e i mille baci rubati e le risate nel porto.
Quando sarò giovane potrò dirti che non ho capito,
e che i sogni sono reali, e la realtà una vecchia puttana
.e poi che ho camminato per i vicoli di una Roma sconosciuta,
dove tra miseria e degrado c’è ancora chi ricorda di avere sognato,
e che uomini senza tempo mi hanno preso per mano.
Dietro l’angolo ho incontrato Achille, alla ricerca di dove ha sbagliato,
poi ho visto Cesare, congratularsi per questo Impero fallito
e  poi Leonardo cercare una invenzione che inventasse l’uomo
e Leopardi correva felice scrivendo su carta dorata
e i rifiuti erano coriandoli impazziti.
L’uomo mi tiene ancora per mano,non ha un buon odore
ma quando sarò giovane e lo avrò lavato
forse asciugherà il mio pianto, e dirà che non ho sbagliato,
e adesso tu, che con amore ho cullato,
saprai che quando sarò giovane, sarò un vecchio malato.
Non saprò mai se e quando ho peccato,
o il male che ho fatto e che ho ricevuto, o gli amori che ho derubato,
il cappio e il dolore, o le risa che mi hanno inebriato,
ne valeva la pena,come averti cullato
la libertà e l’incoscienza mi hanno allevato
e quando sarò giovane forse l’avrò capito.


Mauro Ricci